Quello che unisce il nostro territorio e la Chiesa è un legame antico, forte e radicato, certo mai anacronistico: come non ricordare e sentire vicini, a tal proposito, i numerosi missionari, che nell’immediato dopoguerra hanno deciso di lasciare il proprio paese e i propri affetti, consacrando la loro vita a Dio ed all’aiuto del prossimo in paesi lontani, oppure gli Alpini custodi fedeli dell’Oasi Mariana voluta da Padre Luigi Pisetta.

E’ una storia datata, che inizia con Santo Stefano (-San Cipriano), già presente in un documento del 1232 e secondo la leggenda primo tempio pievano di Piné, e continua indissolubile ancor oggi. A tal proposito il documento in parola menziona il fitto di due mansi a Fornace, presso la chiesa di San Cipriano, santo al quale fino al 1502 era dedicato il luogo di culto. Un atto del medesimo anno riporta, infatti, la notizia della riconciliazione dell'edificio, in concomitanza con un suo sostanziale ampliamento, e consacrandolo così a Santo Stefano. L'ampliamento, che manifesta l'importanza e la centralità dell'edificio sacro in quell'arco di tempo, portò tra l'altro ad inglobare l'area cimiteriale attigua alla chiesa, come messo in luce dai testi, prima ancor che dai lavori di restauro di cui fu oggetta. L'involuzione della pievana di Santo Stefano è testimoniata dalla relazione fatta ai visitatori vescovili nel 1729 dal curato di Fornace Don Simone Zeni, che tanto ne sottolinea la centralità del passato, quanto la decadenza del presente: “La chiesa è antichissima di anni 500 circa, col titolare S. Stefano; e questa si dice per tradizione essere stata la parrocchiale in loco della quale è stata eretta la chiesa parrocchiale di S. Mauro abate;e poscia la principale matrice in Baselga di Pinè, prebenda capitolare. E, come una donna maritata rimasta vedova, passata a secondi voti, porta seco le sue doti così restò priva affatta la pievana chiesa di S. Stefano, stata la prima parrocchiale. In detta chiesa si va a celebrare soltanto tre volte l'anno e nei giorni di festa si portano dalla curaziale li bisognevoli utensili alla sopradetta. Nel resto vien soccorso d'oglio e candele con l'entrate della curaziale.”. Conseguenza del suo progressivo declino è stata certamente una scarsa produzione di documenti, specialmente se raffrontata con quella ricca dei secoli precedenti. La chiesa di Santo Stefano è frutto di una vicenda storica, durata secoli e secoli, che ha visto coinvolta la comunità di Fornace, con un frequente alternasi di periodi, più o meno lunghi, più o meno intensi, di fortuna e floridità, di incuria, degrado e talora di abbandono, come anche i documenti scritti, in più di un'occasione, denunciano. Vari interventi di recupero di non rilevante entità si susseguirono in un torno d'anni più o meno lungo, su intimazione dei delegati vescovili, che tra l'altro ordinarono la rimozione di varie immagini “valde deformes super altare”, a ulteriore dimostrazione della decadenza della pieve. In questo senso giova ricordare come essa si sia, perfino, prestata a ricovero di uomini ed armamenti, allorché non più liturgicamente celebrata. Il recente scavo tra il novembre del 1993 e il maggio del 1994, avvenuto in concomitanza con la sostituzione del vecchio pavimento a mosaico in porfido, usurato e lacunoso, ha permesso di indagare nelle vicende e nella storia millenaria di questa chiesa, fornendo informazioni inedite e dettagliate, ma prima consegnate alla memoria del tempo.